Nella sfera dei disturbi specifici di apprendimento, convenzionalmente identificati con l’acronimo DSA, rientrano Dislessia, Disortografia, Disgrafia e Discalculia.
Per Dislessia si intende un disturbo specifico di lettura, caratterizzato dalla difficoltà di effettuare una lettura accurata e fluente in termini di velocità ed accuratezza; questa difficoltà si ripercuote, nella maggior parte dei casi, sulla comprensione del testo.
La Disortografia riguarda la componente costruttiva della scrittura; è legata, quindi, ad aspetti linguistici e consiste nella difficoltà di scrivere in modo corretto.
Per Disgrafia si intende una difficoltà nella componente esecutiva, motoria, della scrittura: si concretizza con una problematicità dell’atto motorio, poca fluidità, velocità ed efficienza.
La Discalculia riguarda il disturbo nel manipolare i numeri, nell’eseguire calcoli rapidamente, nel recuperare i risultati delle tabelline e nei diversi compiti aritmetici.
Una cosa deve essere ben chiara, indipendentemente dalle mere classificazioni: i disturbi dell’apprendimento non sono una malattia, non sono un handicap, non sono nulla di ascrivibile alla sfera dei ritardi cognitivi. Sono, semplicemente, un modo diverso di apprendere, non necessariamente errato. E se fossimo noi, considerati “normali”, ad essere in realtà sbagliati?
I bambini ed i ragazzi con DSA hanno potenzialità elevate, ma spesso vengono letteralmente annientati, sul piano emotivo e dell’autostima, da docenti inetti e privi della più elementare umanità, oltre che di giusta professionalità.
Un ricerca recente (inizi del 2015), della dott.ssa E. Morelli, della dott.ssa D. Palamà e della dott.ssa C. Meneghetti (Dipartimento di Psicologia Generale, Università degli Studi di Padova), ha analizzato le relazioni esistenti tra stili cognitivi, aspetti motivazionali (teoria implicita della propria intelligenza e personalità, fiducia nella propria intelligenza a personalità, percezione di abilità ed obiettivi di apprendimento), ed emotivi (ansia e resilienza) riferiti allo studio, e come questi influiscano sul successo scolastico.
Le conclusioni di questo studio dimostrano l’importanza dell’acquisizione di consapevolezza dei processi coinvolti nello studio (cognitivi e metacognitivi), e del potenziamento delle proprie capacità come risorse positive della persona per il raggiungimento di un sano livello di autostima, sia in ambito scolastico che extra-scolastico.
Si invitano, inoltre, gli insegnanti stessi a dei percorsi di riflessione sulle proprie competenze, credenze e motivazioni, sia per essere di esempio, sia per fornire un valido aiuto ai bambini ed ai ragazzi che presentino difficoltà di diverso genere, ed in modo particolare per i DSA.
Ci uniamo a questi studiosi augurandoci che l’aiuto ai bambini ed ai ragazzi con bisogni educativi speciali, quali possono essere i DSA, possa essere trovato nel luogo in cui passano la maggior parte del tempo, cioè a scuola. E che il supporto nasca da una vera rivoluzione, che preveda l’applicazione di un metodo diverso di insegnamento, perché se non si apprende nel modo in cui noi insegniamo, dobbiamo insegnare nel modo in cui loro apprendono.
E solo allora si potranno superare tutti gli ostacoli e, forse, non ci sarà nemmeno più bisogno di parlare di disturbi specifici di apprendimento.